La Repubblica 3 giugno 2001
Pianosa, l'abbandono ancora padrone dell'isola
Nonostante le promesse nulla è stato fatto dopo la dismissione del carcere
PIANOSA Un anno fa l'isola del diavolo era lo spettro di se stessa, abbandonata, trascurata, persa nel mare. Ma quel giorno, il 2 maggio 2000, sull'isola a forma di bistecca soffiò un venticello caldo, canti e chiacchiericci, passi che finalmente non rimbombavano nel vuoto. Festa solenne, a Pianosa, con il cardinale Piovanelli e le altre autorità per celebrare il ritorno della vita nell'isola. Una comunità di monaci benedettini si sarebbe insediata nella terra lasciata due anni prima dagli ultimi detenuti, avrebbe trasformato il carcere di massima sicurezza, coltivato ad agricoltura biologica i campi, munto le vacche e prodotto la mozzarella di bufala, spianato la strada all'insediamento di una piccola comunità di famiglie, cancellato la "diabolica" tradizione di luogo di prigionia. Ma tredici mesi dopo Pianosa è ancora deserto e desolazione, spaventosa isola di Lucifero. Dei frati non c'è traccia. Nonostante gli annunci in pompa magna. Gli unici abitanti di questa perla del Tirreno continuano a rimanere i pochi agenti della polizia penitenziaria rimasti a presidiare il dismesso carcere di massima sicurezza e qualche detenuto che viene portato qui da Porto Azzurro per mettere toppe al degrado inarrestabile.
In un anno l'erba cresce tanto. Nessuno l'ha tagliata. "Era un giardino, ma 20 anni di supercarcere hanno distrutto la colonia penale. Adesso, però, arrivano i benedettini e Pianosa risorge" prometteva un anno fa Giuseppe Tanelli, presidente del Parco nazionale dell'arcipelago toscano. E invece ai due anni di abbandono, che hanno fatto seguito alla chiusura dell'Alacatraz del Tirreno nel '98, se n'è aggiunto un altro. E come tredici mesi fa, a Pianosa, ci sono campi di margherite grandissime e il mare trasparente, ma la ruggine divora le ringhiere e i cartelli, il vento sbatte le tegole sul molo e scrosta i muri, l'aria è infestata da mosche e insetti, il forno del paese e l'ufficio postale cadono a pezzi come le case abitate per una vita dalle famiglie dei secondini.
Peccato. E' un insulto alla bellezza. Nei 10 chilometri quadrati di tufo conchiglifero incontri falchi pellegrini e gruccioni, pernici rossi e berte maggiori, gabbiani corsi e martore, tarantole muraiole e upupe, in tutto 30 specie rare di uccelli e 501 tipi di piante con una straordinaria varietà di orchidee. Ma perché il venticello caldo portato dai benedettini si è spento e Pianosa è ripiombata nel gelo dell'abbandono? Nel maggio 2000 si dava per certo che, in base ad un accordo multilaterale già firmato, entro il settembre successivo si sarebbero insediati i primi 20 monaci di una colonia che avrebbe raggiunto presto le 120 unità, tra religiosi, laici e monache. Invece niente. "I benedettini sono venuti a studiare il territorio, poi se ne sono andati" spiega Tanelli: "Un nuovo accordo tra Regione, Provincia di Livorno, Comune di Marina di Campo e Parco dell'arcipelago assegna ai frati 220 ettari di terreno agricolo e 70 di macchia mediterranea. Entro un anno i frati si insedieranno".
Ritardi, tempi che si allungano. Ci sono molte spiegazioni. Una è che alla fine dell'anno scorso il Demanio, proprietario di tutta l'isola, si è trasformato in Agenzia, una società che deve far quadrare i conti, razionalizzare i costi, vendere. Qualcuno, ai vertici della nuova Agenzia, starebbe accarezzando l'idea di vendere pezzi dell'isola ai privati, che sono in fila con ogni tipo di progetto per trasformare in albergo il nuovo carcere e in villaggio il paesino di case veneziane. Ci sono i progetti di chi, già respinto anni fa dal ministero delle finanze, punta ad uno sfruttamento selvaggio. Ma ci sono anche progetti ecocompatibili, gli unici che le autorità locali sembrano disposte a far passare. Preoccupazione diffusa è che la vocazione alla privatizzazione dell'Agenzia del demanio si saldi con le politiche liberiste del nuovo governo nazionale e con le mire di alcuni imprenditori vicini alla Casa delle libertà. Sarebbe un guaio per il futuro dell'isola che è stata carcere per gli uomini in catene scaricati dai Romani nel III secolo e per il nipote dell'imperatore Marco Giuseppe Agrippa detto Postumio, per i prigionieri del Granduca nella seconda metà dell'800 e per i confinati dal Fascismo come Sandro Pertini, per i terroristi rossi degli anni Settanta e per i boss della mafia Pippo Calò, Michele Greco, Nitto Santapaola, Pippo Madonia, Giuseppe Brusca e Pietro Vernengo.
Tanelli non vede però rischi di vendita e speculazione edilizia su Pianosa. Altrove ha il suo bel daffare per difendere le perle dell'Arcipelago. L'ultimo assalto è al paradiso delle dune di Lacona, acquistate all'asta da una società privata, costituita il giorno prima della gara, che ha battuto la concorrenza del Parco. E' la quinta volta che le ultime dune rimaste in Toscana vengono acquistate all'asta da privati che in tutti gli altri casi hanno poi rinunciato a perfezionare l'acquisto perdendo la caparra e ritardando una soluzione definitiva per quest'oasi naturalistica. Si teme che anche stavolta andrà a finire così. E che dietro si nasconda una manovra speculativa. Il Parco promette battaglia.
Maurizio Bologni