in Ventiquattro, suppl. a Il sole 24 ore n.8/2001 anno secondo
Pianosa: l'isola che non c'è
CI VORREBBE UN ESERCIZIO di stile alla Raymond Queneau per raccontare l'isola di Pianosa. Queneau e Pianosa, una tavola di calcare in mezzo al mare che per 150 anni ha ospitato una delle più temute patrie galere. Un'affinità neppure così improbabile. l'Elba era francese. E il tic imperialista di Napoleone Bonaparte, esiliato per dieci mesi nella più grande isola dell'arcipelago, scattò anche in terra toscana, tanto da spingerlo a requisire in fretta e furia un brigantino per impossessarsi manu militari proprio di Pianosa, già all'epoca dimenticata dagli elbani. "Quest'isola non appartiene a nessuno, e quindi è mia", s'impuntò l'imperatore. Napoleone in esilio, piccolo e impettito, impartiva ordini secchi affinché Pianosa riacquistasse l'aspetto degno di un'isola che bene o male apparteneva all'Impero.
Il Forte della Teglia, con la pianta circolare e le torri merlate, fu fatto costruire da Napoleone a tempo di record sulla punta più ad Est, quella da cui, in senso orario, si domina un pezzo di Tirreno che nelle giornate in cui cala la bonaccia dà l'illusione di essere tra lo stato solido e quello liquido: Pomonte, un grappolo di case incastonate sull'ultimo costone occidentale dell'Elba, poi la costa toscana con Follonica e Punta Ala, l'Isola del Giglio, Montecristo, la Corsica e i suoi picchi, Capraia.
L'ISOLA DEGLI UOMINI. C'è la Pianosa dei romani, che qui esiliarono Agrippa, il nipote di Augusto, fatto uccidere dallo zio imperatore per garantire a Tiberio la successione al trono (le terme e i mosaici sono ancora visibili). C'è l'isola dei cristiani, con le catacombe del IV secolo scavate sotto il calcare, il più grande luogo di sepoltura paleocristiana a Nord di Roma. C'è l'isola dei marcianesi, gli elbani che fino alla metà dell'Ottocento lavoravano i quattrocento ettari di terra e vigna di Pianosa.
C'è l'isola dei carcerati, scandita dalla tormentata storia d'Italia: colonia agricola prima, poi confino per i partigiani (Sandro Pertini tra gli altri), infine, negli anni di piombo, carcere di massima sicurezza sotto la supervisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Fu Dalla Chiesa a far costruir un muro di cemento armato che corre sul mare per quasi un chilometro, inframmezzato da tre torrette per l'avvistamento e la sorveglianza. Un simbolo della militarizzazione dell'isola che avrebbe dovuto intimidire mafiosi e terroristi. C'è l'isola dello stato e dei suoi servitori, a volte illuminati, come un direttore che a cavallo del Novecento trasformò il carcere da Cayenna in un giardino delle meraviglie con orti, stalle, pollai, caseifici, silos dove si produceva un vino conservato in cantine attrezzate di tutto punto e ancora intatte che farebbero la felicità dei grandi vignaioli toscani. C'è l'isola dei morti, un piccolo camposanto con decine di croci improvvisate e senza nome ricoperto da un trionfo di fiori viola selvatici, la psoralea bituminosa. Sotto terra i galeotti che nessuno rivoleva indietro, neppure dopo morti, e su due colonne bianche che reggono un cancello arrugginito una frase che suona come ironica rivincita egualitaria nei confronti di chi li disprezzava: "Eravamo come voi siete, sarete come noi siamo".
L'ISOLA DELLA NATURA. Ginepri fenici, piante di elicrisi che punteggiano di giallo ocra la pietra arenaria, e poi lentisco, cisto, mirto, rosmarino, olivo selvatico, finocchio. La macchia mediterranea di Pianosa ha un profumo che stordisce. E chi viene catapultato nell'isola non sa a quale senso dare retta. Due occhi non bastano: il mare cambia colore a ogni baia. Celeste a Cala Giovanna, un tiro di schioppo da Forte della Teglia, la spiaggia di sabbia bianca più lunga dell'isola. Verde smeraldo con sfumature metalliche a Punta del Marchese, la propaggine più a Nord, sorvegliata da un castello che cade a pezzi dove cento anni fa venivano ricoverati i malati infettivi della colonia penale. Blu cobalto sulla costa occidentale, spazzata da un maestrale che ha pettinato le piante di ginepro e rosmarino. Tra il mare e il cielo, il fruscio delle ali di upupe, berte maggiori (parenti dagli albatros oceanici), gruccioni colorati come pappagalli, pernici rosse, gheppi è un sottofondo musicale squarciato di tanto in tanto dal lamento, quasi un pianto, dei gabbiani corsi. E poi fossili di ogni tipo infiltrati nella pietra arenaria che luccicano al sole. Colori, rumori e profumi sfumano fino a sparire dal tutto man mano che ci si addentra nella steppa che monopolizza l'interno dell'isola, delimitata da muri a sacco di pietra bianca che in alcune parti sono ben conservati, con pietre di dimensioni diverse incastrata simmetricamente una sull'altra.
Sembra quasi superfluo parlare dei fondali: i naturalisti raccontano di praterie rigogliose di posidonia oceanica. Qui non si può né pescare né ancorarsi. Ecco perché si prestano a meraviglia alla riproduzione a allo svezzamento di moltissime specie di pesci, crostacei, molluschi, echidermi.
L'ISOLA DEl POLITICI. Nel '97 viene chiuso definitivamente il carcere. La legge prevedeva che il neonato Parco dell'arcipelago toscano, con sede a Portoferraio, dovesse "tutelare a valorizzare" i beni naturali e culturali dell'arcipelago. A capo del Parco viene nominato dall'allora ministro dell'ambiente Edo Ronchi, di concerto con le due Camere, il professor Giuseppe Tanelli, un fiesolano, elbano d'adozione, ordinario di Mineralogia all'Università di Firenze. Tanelli è uno di quei toscani dal carattere ruvido che non ama essere contraddetto. Lui si arrabbia perfino se gli si domanda quali sono la finalità del Parco: "E che devo farle una lezione? Io non ho tempo, lei doveva prepararsi prima". Il presidente ha gestito una cinquantina di miliardi di fondi e una ventina di precari ancora in attesa di concorso con un compito titanico: ridare una prospettiva a quella isole che con l'eccezione dell'Elba e del Giglio sono state mummificate.
Montecristo è interdetta a chiunque. Capraia è in via di spopolamento, con le vecchie strutture carcerarie smantellate nel corso degli anni.("Qualunque cosa servisse agli isolani, un water, una vite, una piastrella si andava a prenderla nella vecchie carceri", racconta Nino Martino, per quattro anni direttore del Parco e braccio destro di Tanelli). Gorgona è ancora sede di una colonia penale, mentre Giannutri sopravvive con le gite estive dei turisti domenicali. Pianosa, invece, sembra la rappresentazione de Il deserto dei tartari, sorvegliata com'è notte e giorno da due agenti penitenziari e due guardie forestali armate di binocolo. Il Parco aveva di fronte due scelte: far parte dalla selva di enti locali e uffici dello Stato che hanno voce in capitolo su Pianosa (insieme con il ministero di Grazia e Giustizia, l'Agenzia per il territorio ossia l'ex Demanio dello Stato che è proprietario dell'isola, il Comune di Campo nell'Elba, uno degli otto municipi elbani, sotto la cui giurisdizione ricade Pianosa, la Provincia di Livorno e la Regione Toscana) oppure diventare protagonista della rinascita chiedendo all'Agenzia la cessione dell'isola, un po' com'è avvenuto per La Maddalena, in Sardegna.
Tanelli ha scelto la prima strada, che consente al Parco e ai suoi vertici di non esporsi troppo. A forza di concertare, il primo protocollo operativo arriva all'alba del marzo del Duemila. I filoni di sviluppo sono tre: turismo contingentato e compatibile (massimo 110 persone al giorno); attività didattica e scientifica con l'istituzione di Pianosa lab, una partnership tra Università e Cnr per studiare le variazioni climatiche; coltivazione di prodotti biologici a cura dei religiosi, e delle religiose, della famiglia monastica benedettina Fraternità di Gesù di Lanuvio, vicino a Roma, che hanno presentato una proposta per rilevare i quattrocento ettari coltivabili e sono attualmente in trattativa con il Comune di Campo nell'Elba, proprietario dei terreni agricoli.
A più di un anno da quel protocollo e a quattro dalla nomina di Tanelli, l'unico risultato è stato quello di aver portato gli scolari dell'Elba in gita a Pianosa. Per il resto, tutti litigano su tutto. Il sindaco di Campo, Antonio Galli, in base a un decreto della Regione Toscana del 30 maggio, è diventato proprietario (e non più concessionario di 860 ettari di terreno, della vecchia caserma Agrippa, della mensa e della foresteria di Pianosa. E ha parecchi dubbi: "Scusi, ma perché dovrei affidare tutti i terreni ai benedettini? Io voglio dargliene la metà, il resto vorrebbero coltivarlo i giovanotti del mio paese, quelli che con il turismo lavorano solo cinque mesi l'anno. Le cantine? Mi piacerebbe che fossero imprenditori come Antinori o Zonin a occuparsene". Gli albergatori dell'Elba farebbero carte false per ottenere un centinaio di posti letto a Pianosa, magari quelli della caserma della polizia Bombardi, una costruzione in vetro e cemento con tanto di tunnel sospeso completata dopo la chiusura del carcere e, ovviamente, mai utilizzata. Una cordata di sei albergatori che tentava di trattare con l'Agenzia per il territorio all'insaputa dell'associazione di categoria, è stata richiamata all'ordine. "O tutti o nessuno", taglia corto Fulvio Montauti, proprietario di uno splendido hotel sulla spiaggia di Cavoli.
"Il problema di Pianosa prima o poi esploderà", prevede Galli. In realtà è già esploso. L'isola, come nelle migliori tradizioni, è stata spezzettata in tante piccole repubbliche. La Curia di Massa e il Vaticano sono le depositarie delle catacombe. Le guardie penitenziarie vigilano su caserme, carcere e cantina. Il Parco è proprietario del castello diroccato di Punta del Marchese. Il mare, in teoria, dovrebbe essere iperprotetto ma qualche mese fa una guardia penitenziaria è stata denunciata per pesca di frodo. Intanto Martino si è dimesso. Le divergenze con Tanelli erano totali. E adesso che è direttore della Lipu nazionale (la Lega per la protezione degli uccelli) vuol dire la sua: "Perché non affidare ad alcune cooperative la gestione dell'isola? Bastava cominciare con piccoli numeri, cento posti letto e cinquecento persone al giorno. Poi, con il coinvolgimento dei privati, si sarebbe potuto programmare un graduale sviluppo". Così non è stato. Tanelli, dal suo ufficio di Portoferraio da cui domina il fortino della Linguella, si difende: "L'isola è del Demanio, non del Parco. Noi abbiamo fatto tutto quello che era nei nostri poteri".
L'ISOLA DEI FANTASMI. Qualche visionario ha paragonato Pianosa alla Sicilia per via del suo clima caldo e secco, senza alcuna possibilità di refrigerio (il punto più alto dal livello del mare è di 29 metri). Pianosa, come la Sicilia, conquistata e sottomessa dai pirati e da eserciti potenti (nell'ordine romani, saraceni, pisani, francesi). Pianosa, come la Sicilia, ostaggio di un'incombente pulsione di morte: Agrippa, dopo sette anni di esilio dorato, morì per mano di un sicario; Napoleone finì i suoi giorni a Sant'Elena; cristiani ridotti in polvere di ossa, mentre il libeccio, quando ulula, ridà voce all'impotenza di generazioni di galeotti.
Sono molte le Pianosa che sarebbero piaciute a Queneau: l'isola degli uomini, l'isola della natura, l'isola dei politici, l'isola dei fantasmi. Manca l'ultima rappresentazione, l'isola della gioia, che a prima vista sembra così scontata di fronte a questo oceano di luci e di colori incorniciati da un porticciolo che sembra una cartolina: un bastione con le mura merlate, le bifore dorate cotte dal sole e la cupola del Palazzo della Specola che luccica anche di notte. Ma la gioia, a differenza della morte, dipende dalle cure degli uomini. Luigi Soldano, direttore della colonia penale alla fine della seconda guerra mondiale, la coltivò a modo suo: travolto da una frenesia di leggerezza, organizzò sulle terrazze del Forte della Teglia una pista da ballo improvvisata. E per un paio di estati rimaste memorabili, le mogli dei secondini e gli impiegati del penitenziario scacciarono i cattivi presagi abbandonandosi al "bughi bughi" della rinascita.
Mariano Maugeri