in La Repubblica delle Donne, suppl. a "La Repubblica" 15 maggio 2002
Che Pianosa sarà
Campo da golf? Sito scientifico? Villaggio vacanze? Smantellato il carcere,
l'isola aspetta un progetto per il futuro. Dal '98
Napoleone se ne innamorò da lontano Nei dieci mesi d'esilio all'Elba (la più grande isola dell'arcipelago era allora francese) requisì un'imbarcazione e sbarcò da capo militare a Pianosa, praticamente una zattera di tufo conchiglifero persa in mezzo all'azzurro del Tirreno. E vi piantò la bandiera francese "Quest'isola non è di nessuno", disse, "quindi è mia". Dopo centottantasette anni se Napoleone ripetesse l'impresa troverebbe l'isola ancora vuota e il proprietario latitante.
Da quando, nel '98, è stato chiuso il carcere e lo Stato se ne è andato caricando sui traghetti vacche e pecore delle colonia agricola e i quattrocentoquindici uomini reclusi Pianosa attende un progetto che la faccia tornare a vivere.
Sebbene dopo la chiusura del penitenziario l'isola sia passata sotto la giurisdizione del Parco Nazionale Arcipelago Toscano - del quale fanno parte anche Capraia, l'Elba, il Giglio, Giannutri, Gorgona e Montecristo - Pianosa oggi appartiene a tutti e a nessuno. L'Ente Parco è responsabile della tutela del territorio di quest'oasi marina, preservata nei secoli proprio dalla vocazione penitenziaria dell'isola che risale ai tempi dei romani, dove oggi nidificano i fagiani, scorrazzano le lepri e crescono le orchidee. Il Comune è il responsabile amministrativo: quando c'erano gli abitanti riscuoteva le tasse e erogava i servizi, luce e acqua comprese. Ma la Provincia ha le sue competenze e la Regione pure.
Competenze ne hanno tutti, anche se proprietario è solo l'erario: Alcatraz, come la chiamavano i giornali, era solo in affitto. Volendo, il ministero delle Finanze, che ha messo l'isola a reddito, potrebbe anche venderla al miglior offerente. "Non che non ci abbiano pensato", dicono all'Ente Parco. "Ma per risanare Pianosa ci vogliono 5 milioni di euro, e un privato che li investe in nome della tutela dell'ambiente non si trova". Le idee dei privati sono altre.
Un immenso campo da golf con l'ex sanatorio trasformato in resort e il mare più bello del Mediterraneo in concessione a pochi privilegiati. Oppure una gigantesca azienda vinicola (sotto l'isola ci sono chilometri di cantine, fatte costruire nell'Ottocento) da dare in gestione ai signori toscani del vino, Antinori o Zonin. E ovviamente il turismo, che solletica gli appetiti di tutti gli albergatori dell'Elba e non solo. Appetiti a cui si oppone il Parco Nazionale, che vedrebbe per l'isola un ritorno all'agricoltura e un turismo contingentato, da 100 persone alla volta: per non sconvolgere queste coste intonse e sfavillanti dove giace il più grande deposito di Poseidonia oceanica del Mediterraneo, vera e propria nursery per tutti i cetacei dell'alto Tirreno.
II Parco è anche tra i promotori di PianosaLab, un progetto scientifico che coinvolge quattro università e il CNR. L'idea quella di trasformare quest'isola piattissima, Planasia come la chiamavano gli antichi, in un laboratorio all'aria aperta per chimici, geologi e biologi, per studiare il respiro della vita: lo scambio gassoso tra vegetazione e atmosfera. La scelta degli scienziati è caduta su Pianosa proprio perché l'isola è piatta e priva di emissioni di gas; non ci sono macchine, né impianti di riscaldamento. Gli scienziati studierebbero anche le variazioni climatiche, avrebbero il loro centro studi in un vecchio palazzo in cima al porto e ricolonizzerebbero il villaggio ora abbandonato. Assieme ai ricercatori e ai turisti eco-consapevoli il progetto del Parco prevedeva - il passato è d'obbligo, il parco ora è al cambio della guardia, e nessuno sa cosa succederà - di far sbarcare sull'isola anche dei monaci benedettini. La storia comincia sei anni fa quando, all'indomani della dismissione del carcere, il vescovo di Piombino, monsignore Bassetti, sorvolando in elicottero l'isola ebbe un'intuizione geniale: i monaci avrebbero salvato l'isola. Con la semplicità della regola di San Benedetto - preghiera, lavoro, cultura, accoglienza - avrebbero arato i campi, munto le pecore, reinnestato le viti, coltivato gli orti, riusato le vecchie strutture; avrebbero accolto i turisti, pochi, ecologici e consapevoli.
Nacque così, col placet dell'episcopato toscano, il progetto Pianosa monacale, che con molto lavoro e qualche compromesso aveva messo d'accordo il Parco Nazionale, i ministeri, gli amministratori locali e gli ambientalisti. A bloccare il progetto dei benedettini, che nel sito Internet Fratelli di Gesù descrivono il loro "laborioso e coraggioso" villaggio monastico a Pianosa, ci ha pensato il demanio livornese. Ma anche il sindaco di Campo dall'Orto ebbe da ridire: "Perché invece non fare entrare i privati?", spiegava Antonio Galli, che contava di riportare gli elbani, magari quelli che là vivono e lavorano solo stagionalmente, a coltivare i campi di Pianosa. "Purtroppo", confida oggi il direttore del Parco Giuseppe Tanelli, ordinario di Mineralogia all'università di Firenze "si rischia di fare la fine di Capraia: col carcere smantellato e vent'anni passati a capire chi fosse il legittimo proprietario. Nel frattempo l'isola e tutte le strutture sono andate in, malora; a Capraia hanno divelto anche i tubi dell'acqua. In un Paese normale Pianosa sarebbe ceduta definitivamente al Parco Nazionale ma, come si sa, non siamo Paese normale. Non sono i soldi il problema: "Un tornado costa alla Comunità Europea trenta milioni di euro sei volte tanto quello che ci vorrebbe per fare di quest'isola un progetto scientifico internazionale e un esperimento di tutela integrata".
In attesa che gli uomini decidano tra un monastero, un villaggio Valtur, un centro ricerche, un'oasi turistica, il tempo fa la sua parte e la Natura anche. La vegetazione sta riconquistando l'isola, la quale sta lentamente ritornando al suo ambiente naturale. Anche i gatti, abbandonati dagli abitanti, si sono inselvatichiti e hanno colonizzato il territorio. Edere e radici si stanno infiltrando tra le torrette e i merli del villaggio. E Pianosa vive una vita parziale e surreale. Almeno quanto quel muro alto dieci metri fatto costruire da Dalla Chiesa ai tempi del supercarcere, che corre dal mare al villaggio degli agenti e divide l'isola a metà.
Un muro che non è mai servito a niente e che è costato miliardi. "Era un fatto simbolico, durante gli anni del terrorismo, per dire noi siamo qui, voi siete di là", racconta Michele Comune della polizia penitenziaria.
Michele vive ancora qui e non è una brutta cosa, per lui. Ricorda quando il carcere, dove soggiornarono Totò Riina e Nitto Santa Paola, venne smantellato in quindici giorni soltanto. A protestare, allora, furono solo gli agenti, che qui avevano messo famiglia e radici. Quattro di loro sono rimasti e assieme a Michele sorvegliano gli edifici. Gli altri, nostalgicamente, hanno messo in piedi un'associazione di amici di Pianosa e un sito Internet. Gli agenti sorvegliano quattro detenuti che da Porto Azzurro sono qui in permesso premio per ritoccare muretti e pulire celle. Per loro, tutte le settimane, la motonave della polizia porta sigarette, giornali, carne, pane, uova. Ogni tanto sbarca anche il parroco Don Nando Bertoli, che viene a dare un'occhiata alla sua chiesa: la cui porta lascia sempre aperta. Casomai qualcuno avesse bisogno.
II villaggio, un pastiche architettonico di fine Ottocento, è come un set cinematografico abbandonato. Le case sono chiuse, i viali battuti dal vento. Le linee telefoniche sono state tagliate ma le cabine sono ancora lì. C'è la posta, i giochi per i bimbi nel giardinetto, un campetto da pallone, l'ufficio traghetti, l'albergo dove soggiornavano le famiglie dei detenuti. Ci sono anche i cassonetti per la raccolta differenziata. "Quando ce ne andammo, molti protestarono, tanti chiesero di restare. I giovani, gli scapoli non vedevano l'ora di andarsene, ma chi aveva famiglia, chi aveva battezzato i suoi figli qui, sarebbe rimasto", racconta Michele. Fuori dall'ex Sali e Tabacchi, dove l'insegna dondola al vento, venivano affisse le comunicazioni ufficiali, nascite, funerali, atti comunali. C'è ancora appeso un foglietto, l'ultimo. "I Monopoli di Stato autorizzano la signora Filomena de Pasciali a sospendere l'attività dal 1/11/98. In attesa di comunicazioni in merito alla possibilità di riprenderla, allorché sarà data nuova destinazione all'isola". II foglietto è ancora appeso, come il destino di Pianosa.
Carlotta Mismetti Capua