Tirreno Elba News, 28 novembre 2008
“Un museo carcerario e più turisti a Pianosa” è uno dei punti del programma amministrativo di “Paesemoderno”gruppo civico campese. Sono stato a Pianosa prima della chiusura del carcere. Isola di una bellezza difficilmente descrivibile: trovi ovunque nella pietra le “conchiglie” che testimoniano la genesi. Questa bellezza è stata chiusa per tanto tempo. Questa bellezza il carcere l’ha chiusa agli occhi del mondo e così forse l’ha salvata da ogni speculazione: non abbiamo la prova che senza carcere l’isola piatta si sarebbe egualmente salvata. Solo chi ha vissuto stabilmente sull’isola sa di cosa sto parlando. Non è facile vivere per tutto l’anno sull’isola piatta ma è la condizione necessaria per ogni progetto che vuol far vivere l’isola. Lo hanno fatto i carcerati. Il lavoro secolare dei carcerati ha trasformato il territorio isolano in tanti poderi produttivi di ogni ben di Dio. Poderi puliti e ordinati. Testimonianza di questo lavoro sono non solo le strade, le case aziende agricole ma anche le loro povere tombe nel cimitero, solitario vicino al mare. Tombe scarne, appena accennate, con una croce. Isola del Diavolo? Non proprio. Ho visto le catacombe dei protocristiani egregiamente restaurate ad opera del Vaticano: le ossa umane che trovi sono lì a ricordarti chi sei. Le catacombe sono ubicate all’ingresso di un paese che ha strade, case antiche e moderne con una bella chiesa. Isola del carcere duro: ce lo ricordano le mura del generale Dalla Chiesa.
Queste mura, esigenza di Stato, colpiscono la bellezza. Per il frequente richiamo alla bellezza è forse bene chiarire:non faccio parte del partito della bellezza fondato dall’on. Sgarbi. Fino al 1998 l’ha gestita il ministero di Grazia e Giustizia. Con legge n. 652 del 23/12/1996 si prevedeva la dismissione penitenziaria al 31/12/1997. Con disposizione amministrativa fu spostata al 30 giugno 1998. Vi fu dunque tutto il tempo per predisporre piani e accordi per valorizzare Pianosa.
Il carcere nel 1998 fu chiuso dopo essere stato aperto ormai da centocinquanta anni. Coloro che sostenevano la chiusura dicevano che Pianosa diventava il primo laboratorio scientifico ambientale: l’isola diventava velocemente sede della scienza e della tecnica ambientale. Insomma centro di studio per università, CNR, istituti di ricerca scientifica. E chi più ne ha più ne metta. “PianosaLab” nasce dalla collaborazione tra 11 istituti del CNR, l’amministrazione del parco nazionale dell’arcipelago toscano e le università di Pisa, Firenze, Udine e Napoli. Per il parco poi Pianosa diventa “la madre di tutte le sfide” da sottrarre al degrado,da tutelare e valorizzare per quello che è: un patrimonio naturale e culturale di valenza universale. Agricoltura biologica, polo didattico e scientifico, turismo contingentato e consapevole diventano le parole chiave per il futuro del territorio di Planasia.
Anche la Comunità monastica era interessata all’isola. Non conosco il mondo della Comunità monastica ma conosco un po’ il mondo dell’università dove vivo da oltre quaranta anni e il CNR. Perciò rimasi stupefatto. Allo stupore si associò perplessità. Ma la constatazione che in questo nostra Italia sono sorti e vengono annunciati poli di ogni natura, didattica, scientifica, di ricerca tecnologica e le cattedre sono proliferate come i funghi, cozzava con il mio stupore associata alla perplessità.
Conoscendo le risorse economiche a disposizione della comunità scientifica che non sono molte ma nemmeno poche e dell’uso che ne viene fatto, proposi Pianosa come sede per la pesca con l’obbligo di reinvestire sull’isola parte del ricavato che deriva dal pescato per la valorizzazione del territorio pianosino. La proposta cadde nell’indifferenza più assoluta e pensai di aver proposto una sciocchezza o ciò che non si può proporre: il privato nella cosa pubblica.
Dopo la chiusura del carcere non sono più stato a Pianosa. Chi c’è stato mi ha detto che bisogna stare attenti quando si cammina perché ci sono le zecche, che il paese con tutte le case e le strade si trova in uno stato quasi di “saccheggio” da abbandono - un patrimonio immobiliare abbandonato - che i gatti sono diventati randagi insieme con i cani, che i resti archeologici del bagno romano di Agrippa sono stati oggetto di un restauro orrendo, che i poderi non esistono più, che le case agricole quasi crollano, che una stima del danno arrecato solo agli immobili per l’abbandono è intorno a novanta miliardi di vecchie lire.
Sarà vero? Se fosse vero, la responsabilità politica non è difficile individuarla. Per rimanere in tema va ricercata nell’arcipelago che si etichetta o che è etichettato come riformista-ambientalista-progressista-postcomunista il quale ha fortemente voluto la liberazione dal carcere. Se fosse vero,dove collocare la responsabilità materiale dei danni provocati? Chi dovrebbe documentare la verità? Il Corpo forestale dello stato o la Guardia di Finanza o i carabinieri o la magistratura? Per conoscere i risultati scientifici di “PianosaLab” sullo studio dei cambiamenti dell’ecosistema a chi ci si deve rivolgere? Presto vi saranno le elezioni amministrative qui nell’arcipelago di cui Pianosa è una delle perle. Mi rivolgo a tutti coloro che hanno sostenuto la liberazione di Pianosa dal carcere, alle forze politiche e culturali che hanno gestito e frequentato Pianosa dopo la liberazione, per far sapere alle elettrici ed agli elettori in quale reale situazione si trova attualmente l’isola e quali sono le parole chiave per il futuro.
Marcello Camici (Università di Pisa)