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INVASA DAI TURISTI, DISTRUTTA DAL DEGRADO

Il Tirreno Extra, 26 agosto 2010

Invasa dai turisti, distrutta dal degrado.
Viaggio choc a Pianosa: spiaggia sovraffollata, case abbandonate, rovi dappertutto.
La "lettera aperta" di Aldo Berlinguer. Centinaia di bagnanti, edifici rovinati. E una maxi nave riempie tutto di fumo.

La delusione di vedere un'isola abbandonata a se stessa, in pieno declino ambientale, ma assediata da turisti che arrivano a frotte, con una nave troppo grande e chiaramente sproporzionata alla capacità ricettiva di .quel lembo di terra. Così il professor Aldo Berlinguer, figlio dell'ex rettore di Siena e ministro dell'Università Luigi, oltre che cugino dell'ex segretario del Pci Enrico, ha deciso di prendere carta e penna e scrivere al "Tirreno". Per lui, docente di diritto comparato nelle università di Siena e di Cagliari ("Rispetto la tradizione di famiglia perché sono diviso a metà tra due regioni, Toscana e Sardegna", racconta), la sua prima visita a Pianosa è stata una specie di choc: la grande folla, appunto, ma anche la mancanza di cure per edifici che meriterebbero ben altri trattamenti. Così, spiega, come avrebbero diritto a ben altra considerazione strade e vie dedicate a grandi personalità cadute per mano della mafia.

Scrivo queste righe sull'onda dell'emotività, di un sussulto di civismo che ho avvertito durante la mia visita all'isola di Pianosa. E proprio perché di emotività si tratta, preferisco non giungere a conclusioni affrettate ma raccontare semplicemente ciò che ho visto.
Ho visto anzitutto un'isola splendida, un vero tesoro sul piano storico e naturalistico, che trasuda la storia di tante vite che lì si sono consumate. Circondata da un mare incantevole, tombe del neolitico, catacombe cristiane, la villa romana, forti eretti da Napoleone, il porticciolo che Mauro Mancini definiva il più bello del mondo, eppoi l'edilizia carceraria, anch'essa - almeno la prima - di gran pregio, in un neoclassico singolarissimo.
Ho visto però anche un'isola che non avrei mai voluto vedere: edifici ottocenteschi fatiscenti, l'estro architettonico del Direttore Ponticelli buttato alle ortiche; case vuote, lasciate come all'improvviso, con tavoli ancora apparecchiati, oggetti dimenticati, finestre socchiuse. Ho visto coltivazioni, piante e fiori coperti dai rovi, spazi sportivi e ricreativi sepolti dalle erbacce, un intero paese in stato di abbandono, destinato a collassare sotto il peso di una burocrazia opprimente, incapace di progettare alcunché.
Ho visto convivere divieti e restrizioni del Parco con un fiume di turisti accampati nella cala Giovanna, almeno un migliaio (non 250!) di persone stipate sui pochi metri di spiaggia bianca; spedite allegramente da agenzie turistiche tutte intente a far pagare biglietti senza erogare servizi. Ho visto un'imponente nave della Toremar, "Planasia", attraccare suonando insistentemente la sirena e liberando il fiume dei turisti tra i fumi di scarico dei motori. Eppoi altri, chiarissimi segni di una deriva lenta e irreversibile, indotta dallo Stato. Agenti di ogni possibile corpo e provenienza: della forestale, vigili del fuoco, del Parco, della guardia costiera, della finanza. E credo di aver mancato di poco i vigili urbani, i carabinieri... per non dimenticare i sei agenti di polizia penitenziaria presenti per controllare altrettanti detenuti in semiliberà: un controllante per ogni controllato, non però del carcere di Pianosa, chiuso dal 1996, ma di quello di Porto azzurro, in "missione" sull'isola, con buona pace dei conti pubblici.
Insomma, una storia italiana già vissuta, che inesorabilmente si ripete. La storia di un patrimonio straordinario in degrado, di mille opportunità svanite, di uno sviluppo tradito per di più a costi elevatissimi per la collettività. E allora domando, da cittadino qualunque, a chi serve oggi Pianosa?
Serve agli elbani, ai campesi che non possono fruirne? Ai nativi che non possono neppure rivedere le loro case? O allestire la mostra fotografica degli amici di Pianosa senza essere vessati con richieste economiche esose? Serve allo sviluppo economico di qualcosa, qualcuno? Serve forse al turista, costretto in itinerari angusti, tempi contingentati, a bivaccare sulla spiaggia potendo visitare poco o nulla?
Serve all'amministrazione penitenziaria, che ha costruito un carcere di massima sicurezza a costi miliardari, sfigurando l'ambiente, per abbandonarlo poco dopo e dover poi ricorrere, per smaltire i carcerati in esubero, all'indulto?
Serve allora alla tutela dell'ambiente, che appare del tutto degradato? Esiste forse un animale in estinzione studiato e tutelato nell'isola? Le berte ed il gabbiano corso impongono di lasciare crollare le fortificazioni napoleoniche? Oppure le strutture carcerarie? Esigono forse di umiliare e abbandonare, prima da vivi e ora anche da morti, i servitori dello Stato: Falcone, Borsellino, Chinnici, Cassarà... e gli altri a cui sono dedicate le vie dissestate di Pianosa?
Sì, sussurra qualcuno, un animale protetto esiste nell'isola, un insetto: le zecche di Pianosa; quelle aviarie che prosperavano grazie agli allevamenti di polli gestiti dai detenuti. Sono oggi tantissime, assieme ai topi. E si sono moltiplicate con l'abbandono delle piantagioni. Allora abbiamo capito. Pianosa serve al ripopolamento delle zecche. Si abbia il coraggio di dirlo, si apposti la voce nel bilancio pubblico e lo si scriva in un cartello allo sbarco sull'Isola.

Aldo Berlinguer

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