Esercizidigiornalismo, 16 luglio 2012
Ci sono posti che coloro che credono in qualche divinità, definiscono "dimenticati da dio". E posti che coloro che credono nella democrazia chiamano "dimenticati dallo Stato". Pianosa, l'isola pianeggiante (il punto più alto, costituito da uno scoglio, raggiunge i 29 metri), parte integrante dell'Arcipelago toscano, è uno di questi. Luogo mitico, a cui la storia e la geografia hanno dedicato tante cure, ma che oggi sta lentamente morendo.
Abitata già in epoca preistorica, sin dai tempi dei romani Pianosa è stata utilizzata come terra di deportazione di detenuti di vario genere. Tra i suoi ‘abitanti' famosi è possibile annoverare Agrippa Postumo, ma anche Sandro Pertini (prigioniero politico in epoca fascista) e uno dei fondatori delle Brigate Rosse, Renato Curcio. E molti altri.In quanto ‘isola-carcere', per lunghi anni (dal 1863) Pianosa è stata inaccessibile alla popolazione esterna alla struttura detentiva. Colonia agricola di tipo carcerario, sanatorio per i detenuti malati di tubercolosi, laboratorio batteriologico, carcere per perseguitati politici durante il fascismo, carcere di massima sicurezza per i condannati al 41 bis. Nel corso del tempo la sua struttura e il suo aspetto sono cambiati notevolmente. Fino a quel fatidico agosto 1998, mese in cui si decise la totale chiusura del carcere, e del paese a esso legato.
Oggi, 14 anni dopo, Pianosa è un'isola fantasma, parco naturale semi sconosciuto e in decadenza. Sabato ho avuto la possibilità di passare alcune ore in questo splendido pezzo di terra, e di pedalare, con una guida, oltre quel muro di cemento armato (il cosiddetto muro di Dalla Chiesa) che per anni ha diviso la parte civile da quella penitenziaria.
Difficile descrivere le emozioni che un posto così ricco di storia può dare. Circondati dal mare, acque limpidissime, scogli a picco, poca sabbia, molti pesci (per fortuna Pianosa è un parco integrale: la flora e la fauna autoctone sono in salvo), gli edifici abbandonati e pericolanti, il piccolo porto che Mauro Mancini descriveva nel suo Navigare lungo la costa, come "il porticciolo più bello del mondo" e che ora nessuno usa più, non possono lasciare che un senso di amarezza, di malinconia e nello stesso tempo un desiderio di rivincita. Di rivalsa.
Dal 2011 è stato aperto un piccolo hotel, insieme a un ristorante/bar sull'isola, entrambi gestiti da una cooperativa di detenuti dell'istituto penitenziario di Porto Azzurro. Ma la maggior parte dei turisti che decidono di visitarla, lo fanno solo per un giorno.
La guida, un'elbana esperta di isole dell'arcipelago toscano, ci ha raccontato un po' la storia dell'isola, e scortati fino alla punta del Marchese, ultima estremità visitabile di Pianosa. Dalle sue parole trapela una grande preoccupazione. "Venite a visitare l'isola prima di ottobre, se ne avete la possibilità- ci dice- perché l'anno prossimo non si sa se ci saremo ancora". In che senso? Non è molto chiaro. "Non sappiamo cosa ne sarà dell'isola. Lo Stato e l'ente parchi potrebbero fare accordi con privati, decidere di puntare tutto sul turismo di massa. Oppure riaprire il carcere e richiuderla. Oppure altre cose indicibili".
L'isola è in mano a molte, troppe istituzioni. Buona parte di essa appartiene al ministero della Giustizia, che ogni tanto rimette in ballo l'ipotesi di riaprire il carcere. Tutte le questioni legate al parco, sono di competenza del ministero dell'Ambiente e dell'Ente nazionale parchi. Poi ci sono la Regione Toscana, la Provincia di Livorno, e non so chi altro. Tanti nomi, pochi reali interessi. E così l'isola sta cadendo a pezzi.
Mentre ci aggiriamo per il paese pericolante, un signore dell'associazione Per la difesa dell'isola di Pianosa, pianosino di nascita, ci ferma. "Questa qui era la piazza della Posta- dice, indicandoci una piazzetta ormai deserta- Io sono nato qui, in questo edificio. Mio padre era il direttore dell'Ufficio postale di Pianosa". A Pianosa, infatti, ai tempi del carcere, non mancava nulla. Oltre ai personaggi legati alla struttura detentiva, c'erano l'ufficio postale, l'ostetrica, la Croce Rossa, la farmacia, l'agronomo, la sala da ballo, il circolo ricreativo. "Non mancava nulla. L'isola ora voi la vedete così, ma qui siamo stati anche 2 mila abitanti", detenuti inclusi. "La colonia agricola era il fiore all'occhiello del sistema detentivo italiano, e Pianosa era un paradiso".
Adesso la situazione è ben diversa. "Noi dell'associazione avevamo presentato già nel 1995 un piano di riqualificazione di Pianosa- continua- Prevede l'istituzione di diverse cooperative, che potrebbero gestire tutto il turismo in arrivo sull'isola. Che, essendo un parco, non potrebbe comunque ospitare più di 250 persone al giorno". Un piano, un progetto, perché l'isola non muoia. Un progetto che finora è stato totalmente ignorato dalle istituzioni.
Esercizidigiornalismo Foto di @Alessandra Modica