Il Tirreno, 19 dicembre 2013
Discussione aperta dopo la firma del protocollo d’intesa per l’intensificazione della presenza di detenuti in semilibertà
Ok al "carcere verde", ma il ruolo e le funzioni che i detenuti andranno a svolgere sul territorio di Pianosa dovrà essere individuato in modo puntuale. E il Parco doveva essere coinvolto. Si può riassumere in questo modo il pensiero di Giuseppe Tanelli, ex presidente del Parco nazionale dell’Arcipelago e profondo conoscitore di Pianosa. di cui si è occupato, fin dai giorni della chiusura del carcere nel 1998.
Professor Tanelli, il protocollo firmato dal ministro Cancellieri e dal presidente Rossi imprime una svolta decisiva per il futuro di Pianosa...
«È innegabile, ma ritengo che sia abbastanza singolare anche dal punto di vista istituzionale che non si sia pensato di coinvolgere fin da subito il Parco, dal momento che ormai da quindici anni l’isola è divenuta area protetta».
Non crede che l’arrivo di 80-100 detenuti sia in contrasto con gli obiettivi di tutela e di fruizione di Pianosa?
«Più che contrasto sarebbe bene ricordare che per Pianosa non siamo all’anno zero. Nel 2000 è stato firmato infatti un protocollo d’intesa da tutte le istituzioni che hanno responsabilità sull’isola, a partire dal ministero di Giustizia, a quello dell’Ambiente, fino alla Regione, Provincia, Demanio e il Parco. L’intesa prevedeva per Pianosa uno sviluppo legato all’agricoltura biologica, turismo scientifico e scolastico, ricerca scientifica. Qualunque progetto non può non tenere conto dei punti stabiliti da questo accordo solenne».
L’intesa sul ritorno di 80-100 detenuti non fa vacillare questo accordo?
«Non mi irrigidisco più di tanto per il fatto che i detenuti non siano quaranta, bensì ottanta. Il vero punto è individuare in modo puntuale il ruolo e le funzioni che i detenuti andranno a svolgere sul territorio dell’isola».
L’idea della Cancellieri è di far diventare l’isola un gioiello di natura e agricoltura.
«Il carcere verde è un obiettivo a cui tutti abbiamo lavorato in questi anni, nelle difficoltà causate principalmente dalla rigidità del Demanio dello Stato. Condivido le parole di Rossi quando dice che senza questo progetto l’isola rischia di cadere a pezzi. Del resto la storia ci insegna che Pianosa, fino a un recente passato, è stata popolata. E per molti anni vi hanno abitato i detenuti».
Ma non crede che, tra detenuti e guardie carcerarie, il flusso turistico necessariamente venga ridimensionato?
«Credo che questo tema debba essere un elemento di attenzione in più. Non mi stupisco del fatto che, le presenze possano aumentare dalle 250 alle 400, ad esempio. Più che sulla quantità credo si debba prestare attenzione alla qualità della presenza umana sull’isola: le persone che stazioneranno stabilmente sull’isola dovranno usufruire del territorio come previsto dal piano del Parco. Pianosa può essere uno straordinario mezzo di educazione ecologica, basta rispettare i principi e le regole che ne stabiliscono la fruizione.
Luca Centini