Teatrolive, 20 luglio 2014
Sul traghetto per Pianosa assaporiamo il piacere di trovarci in mare aperto e quando si passa (non abbastanza vicino) all'isola di Montecristo mi ritrovo a pensare ad Edmond Dantès, al tesoro, e la mente corre fino in Francia, al Castello d'If e questa analogia mi riporta a Pianosa. Infatti "lei" è là, una striscia di terra che da lontanissimo assomiglia ad una lunga fila di mattoncini Lego. Poi, avvicinandoci, ci accorgiamo del movimento del panorama, degli insediamenti dell'uomo e di un lunghissimo muro che ci pare una ferita che deturpa la bellezza selvaggia dell'isola. Questa muraglia è il presente, o meglio l'eredità tangibile di un passato recente che ci piacerebbe cancellare. Il colore del mare è da cartolina e ricorda l'acqua dei punti più suggestivi della Sardegna e di tanti altri posti lontani visti al cinema. Su suggerimento di una persona casualmente incontrata sul traghetto andiamo subito a visitare il piccolo museo fotografico di Pianosa che illustra la storia dell'isola e siamo proiettati idealmente nell'Impero Romano, nelle catacombe, nelle scorrerie del pirata Dragut, nella vita quotidiana dell'Ottocento fino ad arrivare negli Anni Settanta quando, per l'interferenza della Politica, inizia il declino della comunità autosufficiente di Pianosa. La gentile persona che ci ha dato le indicazioni sul traghetto la ritroviamo al museo e scopriamo che è il Presidente dell'Associazione per la Difesa dell'Isola di Pianosa - Onlus, il signor Giuseppe Mazzei Braschi che, pianosino di nascita, sta per dare il cambio ad altri volontari del museo. Il cicerone del nostro giro attraverso le piccole sale del museo è Luigi Biancalani che, pregno di aneddoti, rende vive le fotografie esposte e ci fa venir voglia di approfondire la storia ed anche di tornare per soggiornare due/tre giorni nell'unico albergo del posto. Poi ci concediamo una lunga sosta in spiaggia per godere il mare e la sabbia bianca e girovaghiamo un po' per l'isola e facciamo ideali - illusori e reali - progetti per tornare in questo paradiso. Nell'insieme, ci accorgiamo anche che la spinta verso la recondita bellezza selvaggia di Pianosa ci è stata trasmessa dai volontari del Museo che ci hanno aperto gli occhi su un mondo nuovo, anzi alquanto antico, di cui ignoravamo la vera e sfaccettata storia. Facciamo il viaggio di ritorno con alcuni di loro, parliamo ancora un po' e invidiamo la loro esperienza di volontari che vogliono proteggere e trasmettere alle persone sensibili un piccolo messaggio che racchiude tutto l'affetto che provano per una lingua di terra piatta in mezzo al mare, vicina all'isola di Edmond Dantès.
Antonio Perolfi