Il Tirreno, 12 gennaio 2015
Il degrado nella chiesa di San Gaudenzio a Pianosa
Ha diversi pregi la mostra fotografica "Io vivevo qui: Pianosa", parte del progetto Identità in transito, esposta la prima volta alla Telemaco Signorini, successivamente al museo mineralogico Luigi Celleri di San Piero per iniziativa del Collettivo PhoFt e visitabile presso "Il Libraio" di Calata Mazzini fino al 31 gennaio.
Il crollo nella chiesa di Pianosa
Identità in transito, mostra fotografica del Collettivo PhoFt
Al Libraio di Portoferraio l'esposizione del passato, presente e del futuro dell'isola di Pianosa
Tra i pregi della mostra, appunto, ce n'è uno particolare: denuncia lo stato in cui versa la chiesa di San Gaudenzio di Pianosa. Una serie di fotografie ne testimonia l'ultimo grave fatto: il crollo della volta a botte che sovrasta l'altare maggiore. Un cumulo di macerie proprie nel punto in cui termina la navata e inizia il presbiterio, nelle immediate vicinanze dell'altare, dove si celebrava messa.
"E' anche da un po' di tempo - ci conferma Jessika Muti che in quella chiesa il 26 ottobre 1999 è convolata a nozze ed è proprio lei l'autrice delle foto finite sui pannelli della mostra - che è successo quanto si vede negli scatti che ho fatto. E nonostante sia trascorso tutto questo periodo non è stato fatto niente". Stiamo parlando davvero di un monumento storico che affonda le proprie radici nel Medioevo e che successivi interventi strutturali hanno permesso che arrivasse fino a noi nel suo antico splendore. O quasi.
La troviamo, per esempio, citata nei documenti del 1138, dove apprendiamo che fu donata dal Comune di Pisa a Balduino, arcivescovo della città. Poi, nel 1284, pochi mesi prima della battaglia della Meloria, rispunta fuori, quando si parlò di uno scambio con Genova che riguardava il chierico di San Siro in Ponte prigioniero pisano e il pievano di Pianosa rinchiuso nelle carceri genovesi. L'ultimo e completo restauro si ebbe nel 1942. E in quello stesso periodo venne anche affrescata con le immagini e le decorazioni che ancora oggi si possono osservare.
Il crollo nella chiesa di Pianosa
Pare che siano stati gli stessi ospiti della colonia agricola a decorarla così. Chiesa, dunque, e carcere. Un connubio che è rimasto vitale fino a quando sull'ex Isola del Diavolo funzionava il penitenziario di massima sicurezza. E questo è un po' il filo conduttore delle foto della mostra "Io Vivevo qui: Pianosa", che il coordinatore Alessandro Beneforti è riuscito a trasmettere. Oltre alla già citata Jessika Muti, ci sono preziose testimonianze di Giuseppina Rasera, figlia del medico condotto dell'Isola, di Carlo Dotto sbarcato nel 1969 il giorno dopo la sua nascita con il padre sottufficiale degli Agenti di Custodia, di Mauro Arrighi figlio del manutentore di pozzi artesiani, di Franco Calderaro autista del direttore Massimo Masone ucciso a Pianosa e infine di Stanislao Munno comandante del supercarcere dell'Agrippa.