Il Tirreno, 12 luglio 2016
Nuovi reperti antichi scoperti a Pianosa.
L'opera del geologo Foresi dell'università di Siena: "Ora con il Parco lavoriamo per rendere gli scavi visitabili"
Dopo la scoperta di crani di cervidi, ecco le ossa di rane forse risalenti a 20.000 anni fa, ultimo periodo glaciale. Nuove rivelazioni di un lontano passato grazie a Luca Maria Foresi, dal 2012 impegnato a scavare la grotta di Cala di Biagio a Pianosa. Agisce con una intesa tra il Dipartimento di Scienze Fisiche della Terra e dell'Ambiente dell'Università di Siena, dove il geologo insegna, la Soprintendenza archeologica della Toscana e il parco nazionale dell'Arcipelago. Non solo, Foresi e il suo team, puntano anche a creare un accesso pubblico all'anfratto oggetto degli scavi, la grotta che ha portato alla luce anche resti di cervidi di 40.000 anni fa. "Abbiamo nuovi reperti e gli scavi sono finiti -informa lo studioso originario dell'isola e membro dell'Associazione Amici di Pianosa- li studieremo in laboratorio per capirne l'età. Queste piccole ossa probabilmente sono i resti di pasti di antichi rapaci. Ma sull'isola da secoli non ha zone di acqua dolce e i volatili, di solito, fanno le loro escursioni predatorie nel raggio di 4-5 km; viene da pensare che i reperti risalgano a quando Pianosa era ancora unita al continente insieme all'Elba. Forse tra i 20000 e i 12000 anni fa esistevano aree palustri con rane, ce lo diranno gli esami".
E lo scienziato vuole rendere fruibile al pubblico la grotta scavata, un ambiente piccolo ma ricco di informazioni. "Compresa la storia dell'uomo,- precisa Foresi- la caverna fu abitata nel neolitico e dei resti furono scavati dall'Abate Chierici nel 1800. Il Parco sosterrà le spese per rendere il luogo accessibile, corredato di reperti e indicazioni: Ci collocheremo alcune testimonianze e possiamo provare a ricostruire uno scheletro intero di cervo, con l'archeozoologo Francesco Boschin dell'Unisi. Lo esporremo in un locale apposito da preparare sull'isola. Pianosa offre molto nel campo della paleontologia e dell'archeologia, come hanno dimostrato anche le nuove scoperte di Poggio Belvedere, illustrate in occasione dei primi 20 anni del Parco. L'isola è un museo e un laboratorio didattico a cielo aperto ed è su questo, oltre alla ricerca, che dovremo concentrare i nostri sforzi. Gestioni in cui impegnare anche i detenuti, nelle manutenzioni ad esempio, per dar loro lavoro prima di riconquistare la libertà. In futuro, con i risultati di queste ricerche, faremo più pubblicazioni e chissà anche una nuova mostra, sempre d'intesa col parco. Per rendere fruibile la grotta dei tecnici potranno creare un sistema d'illuminazione, ecologico con un pannello solare.
Gli scavi sono finiti, non rimane che passare all'azione e creare un percorso accessibile a tutti". Un quadro fantastico sta dipingendo Foresi, che disegna quel futuro dell'isola, cercato da tutti da 1998, quando il carcere fu dismesso. Una Pianosa della storia e della scienza con varie location, che vanno dai fossili diffusamente contenuti nelle rocce, alla grotta dei cervi di Cala di Biagio, passando per le necropoli neolitiche, i resti della villa romana di Agrippa, le catacombe, e via avanti nei secoli per giungere a Napoleone che voleva fortificare l'isola piatta, poi il carcere che incatenò l'antifascista Sandro Pertini e in tempi recenti i boss mafiosi. Scienziati potrebbero venire da tutto il mondo e con loro studenti e chiunque. Ma c'è anche l'isola dei vigneti di Frescobaldi o di altri produttori elbani, del turismo contingentato, senza dimenticare il paese-gioiello da recuperare. Una convivenza tra tutto ciò è senza dubbio possibile.
Stefano Bramanti